Bentornate e bentornati nel salottino di Un caffè con un ospite, dal prossimo mese mi sa che possiamo spostarci nel dehor. Oggi ho il grandissimo piacere di avere come ospite una donna che seguo e leggo da tempo e che è una fonte inesauribile di riflessioni e ironia: Ester Viola. Avvocata, scrittrice, autrice di post, articoli, rubriche e newsletter. Cura le pene d’amore e stupisce con soluzioni – spassose – che sono un triplo salto carpiato sul cuore. Oggi parliamo del suo nuovo libro e di qualche curiosità.
Benvenuta Ester. Partiamo subito. Il titolo del tuo nuovo libro è “Voltare pagina”, come l’hai scelto e cosa vuoi dire?
Il titolo è un lampo di genio di Paola Gallo, è stato scelto da Einaudi. L’idea all’inizio era di chiamarla “Microterapia letteraria” come la rubrica della newsletter. Voltare pagina chiude in due parole l’intenzione del libro: cambiare qualcosa. E se fossero proprio loro, i libri, a volte, la pietra filosofale per provare ad aggiustare le vite?
Le protagoniste di queste storie diverse, di amori “malati”, sono reali? A chi ti sei ispirata nello scriverle?
Di reale c’è certamente qualche dettaglio, una scena, brandelli di storie e di memoria. Impressioni che mi hanno lasciato certi caratteri di persone conosciute o incrociate per caso. Episodi riferiti. Un racconto è un io vero che si occupa di tanti io inautentici e necessari.
C’è una parola campana che mi è particolarmente cara: fatterello. Così la racconta Starnone:
Quest’ultimo termine credo che stia sparendo dal lessico comune. Ce l’ho in testa dall’infanzia, nel mio dialetto si usava molto. Stava per “raccontino” e investiva ogni storia di invenzione e no. A me invece suggeriva soprattutto che il racconto era un fatto e quindi era vero. Provavo una grande invidia per chi sapeva aggiustare i fatti in modo da farne fatterelli: mia nonna per esempio (i nonni sono stati di grande giovamento racconto ). Ero convinto che lei li conoscesse perché, quando erano successi, si era trovata presente; li raccontava come se li avessi visti coi suoi occhi, e li vedevo anch’io. Sebbene i fatterelli fossero spesso paurosi, ci restavo malissimo quando finivano. La vita, dopo, sembrava senza sale. Perciò forse, per anni, un paio di decenni almeno, mi è rimasta l’impressione che mi fossero capitati in sorte una vita, delle parole un mondo che non servivano per fare i racconti. I fatti restavano fatti – quotidiani, scialbi, vili – e non sembravano mai fatterelli. Li scrivevo, li riscrivevo e non sapevano di niente.
(Domenico Starnone, L’umanità è un tirocinio, Einaudi)
La protagonista di questo romanzo frequenta gli studi legali di Milano, rappresenta te e la tua professione di avvocata? Quale messaggio vuoi dare con questo libro?
La protagonista sono io a tratti, come in genere succede a ogni io narrante, non puoi estraniarti del tutto. Non puoi lasciarlo solo, quell’io. Il messaggio del libro è stato un messaggio a me stessa scrivendolo: non dovevo diventare un detestabile censore di cose altrui, una pomposa saggista, l’onniscienza dei sentimenti, scansare la commiserazione, l’oracolo, il qualunquismo ottimista e pessimista, il saperla lunga e quella sciocca autorità predicatoria in cui è facilissimo cadere.
Quali sono i consigli più frequenti che dai alle donne che ti scrivono alla Posta del cuore?
Cerco di svicolare, la verità è quella. Non servirebbero. Una volta in un libro di Yasmina Reza ho letto: i consigli sono solo eccitanti dell’istinto. Così me la cavo di solito con qualche citazione letteraria che possa essere d’induzione alla presa di coscienza del concetto: stai facendo una fesseria.
Per concludere Ester ti farò delle domande veloci con risposte immediate. Pronta?
- Il tuo libro del cuore: sono due, Alta Fedeltà di Hornby e Libertà di Franzen;
- La domanda più imbarazzante che hai ricevuto: ogni volta che mi chiedono: tu che faresti al posto mio?
- Il tuo colore preferito: blu;
- La città che ami: due anche qui, Milano e Napoli.
- Che donna sei: contenta, rivorrei solo i capelli di gioventù;
- Un progetto per il futuro: tenere l’equilibrio tra tutte le cose, tenere tutte le cose insieme;
- Un grazie a…: Angela Rastelli, la mia editor. Gli occhi che mi leggono, la cura per le parole, l’intuito ogni volta e la capacità di trovare un passaggio dentro la scrittura e dirmi “infilati lì”.
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