Il perdono spiegato ai bambini
Scritto da Elisabetta Pieragostini
“Perdono, perdono, perdono. Io soffro più ancora di te. Perdono, perdono, perdono. Il male l’ho fatto più a me.” Così cantava Caterina Caselli, ed è vero: non perdonare gli altri ci provoca dolore e sofferenza, facciamo male a noi stessi, non ci permette di vivere serenamente.
Tutti abbiamo provato questa sensazione almeno una volta, quel tarlo che ci rosicchia dentro.
Noi adulti o genitori dobbiamo insegnare il perdono, oltre a praticarlo, ai nostri bambini. Ma come lo spieghiamo? Come gli insegniamo a perdonare?
Il perdono: un grande dono
Spiegare il perdono ai bambini? Come? Sicuramente dando loro l’esempio, facendoci vedere come guide giuste da imitare. Dobbiamo spiegare loro che nel corso della vita incontreranno dei momenti di ingiustizia, magari verranno offesi dagli amici, ma riuscire a perdonare significa vivere bene con sé stessi e con gli altri. Il non farlo ci porta all’isolamento e alla convinzione che noi siamo sempre e costantemente nel giusto, che non sbagliamo mai e che il mondo gira intorno a noi, invece non è così.
Tutti possiamo sbagliare, è umano ed è per questo che dobbiamo imparare a perdonare per continuare a essere amici, a far parte di un gruppo da piccoli e di una comunità da grandi nella quale raggiungere equilibrio, armonia e aiutandoci l’un con l’altro.
No, non sono Madre Teresa di Calcutta, sia chiaro. Ho solo sperimentato che il rancore e l’abbrutimento interiore fanno davvero male e che è sempre più confortevole lasciar andare.
Giustificare comportamenti sbagliati o perdonare?
Ma attenzione, dobbiamo spiegare ai bambini che perdonare non significa dimenticare né giustificare comportamenti sbagliati, altrimenti si convincono che possono fare tutto, tanto poi vengono perdonati.
Perdonare gli altri è stare bene noi, se gli altri vogliono continuare a sbagliare che facciano pure, noi andiamo dritti per la nostra strada con fierezza e fermezza. Risolviamo il dissidio interiore e liberiamoci da tossine e malumori.
Questo è importante dire ai nostri figli: non avere rabbia, rancore, ma amore per sé e quindi perdonare gli altri. Perdonare anche noi stessi, molte volte, e cercare di vivere sereni.
Come possiamo aiutare i nostri figli a perdonare?
Quando capiamo che qualcosa non va o se ci raccontano un episodio spiacevole, un torto subito, una delusione dobbiamo armarci di tranquillità e lasciare sfogare i bambini in modo che ci possano raccontare cosa sia successo appena si calmano. Uno step successivo è provare a coltivare in loro l’empatia, se possibile, aiutarli a mettersi nei panni dell’altro per capire che cosa l’ha spinto a comportarsi in quel modo. Naturalmente esiste la cattiveria più pura e profonda, ma vale sempre la pena considerare prima altro. Fare uno sforzo di altruismo e compassione.
Sicuramente dobbiamo dire loro che il perdono prevede delle scuse da parte dell’altro, sempre; se sbagliamo ci scusiamo e possiamo essere perdonati. Le spiegazioni sui comportamenti manipolatori poi gliele daremo tra qualche anno, e lì altro che perdono. Ora devono solo imparare il meccanismo scusa-perdono e a mettersi nei panni di chi può sbagliare perché ci si troveranno anche loro prima o poi.
Oltre questo è importante che i bambini si perdonino da soli, questo è importante per vivere felici. Non ci sono dei metodi o delle regole da seguire, basta il buonsenso e l’esempio e parlare molto con loro.
Io, le mie figlie e il perdono
Nella mia vita ho fatto tanti errori, come tutti del resto, ma ho sempre chiesto scusa, di questo ne sono certa. Sono stata ferita, ho ferito, ho sofferto, ho fatto soffrire. Mi è successo di non perdonare per molto tempo e questo mi faceva stare male, mi sentivo nervosa, ansiosa anche se credevo di essere nella ragione. Lavorando poi su me stessa ho capito che ciò non mi portava a niente se non a stare male perché continuavo a fomentare in me rabbia e negatività. Così ho deciso di lasciar andare e di perdonare, non di dimenticare ma di mettere via con serenità andando oltre. Perdonare soprattutto me stessa e poi gli altri e la mia vita è cambiata perché ho iniziato a stare bene.
Perdonare non significa necessariamente ristabilire poi determinate relazioni, semplicemente liberiamo noi stessi e gli altri da vendette, rivalse e punizioni.
Oggi mi circondo di persone che mi fanno bene ed evito quelle che non ritengo più giuste ma non ho rabbia verso di loro. Questa mia filosofia di vita ho cercato di insegnarla e trasmetterla alle mie figlie e Matilde soprattutto, che è più grande, la sta mettendo in pratica, anche se deve essere ancora guidata perché a volte parte per la tangente, come preadolescenza insegna. Poi ci parlo, si calma, capisce e mi dice grazie perché perdonare la fa sentire meglio.
Vi auguro il perdono
Auguro a tutti voi di vivere serenamente, e di inserire nel vostro vocabolario le parole: scusa, grazie e perdono. Sono gratuite, non costano niente e ci insegnano a stare in una comunità. Il perdono ci permette di creare un mondo migliore, fatto di amore, di tolleranza e di pace.
Insegnare il perdono ai bambini significa non farli diventare uomini e donne che seminano odio, paura e terrore, che fanno guerre economiche e non. Mai avrei pensato nel 2022 di dover spiegare alle mie figlie che ci sono dei carri armati che invadono altri Paesi, pronti a sparare su tutti senza distinzione di età.
Probabilmente se tutti avessimo imparato il perdono, le scuse e i grazie questa gente avrebbe meno irrisolti da sfogare nelle guerre. Ma forse sto divagando, la sete di potere ha vie infinite.
Le mie figlie mi hanno fatto una domanda:
“Se fossi un’ucraina perdoneresti Putin per aver usato la forza per entrare nella tua casa?”
Forse era meglio quando mi chiedevano di Bridgerton. Questa è una domanda davvero difficile.
Lo so che istintivamente verrebbe da rispondere no, però contro certe cose non puoi combattere, la guerra fa schifo, è il crimine più grande dell’umanità.
Forse imparando a perdonarci nel nostro piccolo sconfiggeremo tutte le guerre del mondo. Perché il perdono ci rende liberi e può generare una catena d’amore che arriva fino ai potenti.
Utopia? Può essere, ma è soprattutto la speranza di una mamma.
Scritto da Elisabetta Pieragostini
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