Il ragazzo dai pantaloni rosa è un film del 2024, un manifesto contro il bullismo. Il film è tratto da una storia vera, la tragica vicenda di Andrea Spezzacatena che si toglie la vita il 20 novembre del 2012 a soli 15 anni perché vittima di bullismo.
La storia di Andrea apparentemente è una come tante, di un qualsiasi ragazzo adolescente che frequenta la seconda superiore, che ha una sua migliore amica, conosciuta a scuola, con cui condivide la passione del cinema, ogni sabato pomeriggio vanno a vedere un film e fanno le recensioni a turno.
Andrea ha un amico, Christian o, meglio, è un ragazzo che rappresenta il suo idolo, è il bello della scuola, sportivo, lo ammira ed essere suo amico lo rende fiero ma è colui che si rivelerà il suo peggior nemico, diventando un suo persecutore.
Il ragazzo dai pantaloni rosa: la storia
Andrea era chiamato il ragazzo dai pantaloni rosa perché alla mamma si era scolorito un jeans rosso, diventato rosa, ma lui indossa lo stesso perché gli piace, come indossa lo smalto sulle unghie per essere eccentrico, tutto qui.
Una festa della scuola diventa per Andrea una trappola mortale, perché lo ingannano e lo fanno vestire da donna facendogli credere che lo avrebbero fatto anche gli altri ragazzi, invece, quando arriva a scuola si rende conto che è solo lui e Christian con il suo gruppo lo prende in giro. Lo portano nella sala da ballo in mezzo alla pista così tutti lo osservano e ridono di lui. Un gesto di cattivo gusto che inizia a intaccare la stabilità psichica di Andrea, instabilità che arriva al suo culmine quando scopre su Facebook che i bulli avevano creato una pagina chiamata Il ragazzo dai pantaloni rosa, dove veniva deriso e preso in giro.
Cyberbullismo e violenza
Il cyberbullismo incide pesantemente sulla tragica fine di Andrea. Una storia che ci fa riflettere davvero tanto sul fatto che sono trascorsi 12 anni e non è cambiato niente, ancora oggi c’è tanto bullismo e cyberbullismo tra i giovani adolescenti.
Questo film mi ha toccato profondamente e mi ha fatto riflettere tantissimo. Voglio ringraziare la mamma Teresa per aver condiviso questa tragedia con noi, per dare un messaggio forte ai giovani e a noi adulti perché, se oggi combattiamo ancora contro il bullismo tante responsabilità sono anche le nostre, di noi adulti che costituiamo la società dove viviamo.
Il ragazzo dai pantaloni rosa: cosa mi ha colpito
Gli aspetti che mi hanno colpito maggiormente sono diversi e mi sono interrogata sotto tutti i punti di vista: da madre, da ragazza, da donna e da membro della società.
Andrea era un bravo ragazzo che pensava sempre prima agli altri e poco a sé stesso, questo aspetto mi ha fatto ripensare alla me ragazza e a volte ancora alla me di oggi, anche se con un percorso personale, di cui non mi vergogno a parlare, ho capito che il primo amore è verso sé stessi, ma lui era troppo giovane e troppo buono per poterlo affrontare. Vorrei dire a quel ragazzo che aiutare gli altri va bene, è un gesto di altruismo importante e sano, sono bellissimi valori, ma bisogna farlo con dei limiti perché ci possiamo ferire e scontrare con persone che non sono come noi.
Ho riflettuto sulla situazione bullismo, che purtroppo c’è sempre stato ma negli ultimi anni in modo peggiore e soprattutto virale a causa dell’utilizzo dei social. Sicuramente prima, ai miei tempi, ci si prendeva in giro ma non c’era cattiveria, forse, o in meno casi e rimaneva nel paese o al massimo nei paesi limitrofi. Con la tecnologia oggi è alla portata di tutti e i ragazzi che sono sempre più fragili ne soffrono e possono non reggere una situazione del genere.
Da madre mi sono interrogata sul fatto che, per quanto noi madri possiamo essere presenti, possiamo non capire le ansie e le preoccupazioni dei nostri figli. Qui mi stringo a Teresa, la mamma di Andrea, anche io come lei ho una figlia chiusa, che parla poco, soprattutto non dice mai niente né se le cose vanno bene né se le cose vanno male, questo non va bene perché è difficile poterli aiutare se non si sa, direi impossibile e a volte i ragazzi sono molto bravi a nascondere.
Ringrazio Teresa di aver realizzato questo film che ho visto con le mie figlie e proprio a quella più chiusa mi sono raccomandata di parlare di qualsiasi cosa perché solo la famiglia può davvero aiutare un figlio o una figlia in difficoltà.
Poi mi sono interrogata sulla scuola e mi sono chiesta come mai nessuno ha fatto niente? Nessuno sapeva niente? Eppure, a scuola tutti sapevano, Facebook era virale e ne parlavano tutti, nessun insegnante lo aveva saputo? Nessun ragazzo ha fatto niente, magari parlare con qualcuno? Neanche la sua migliore amica? A me questa indifferenza ha lasciato sconcertata perché in una società fatta di persone alla fine siamo soli. Dobbiamo impegnarci a parlare con i giovani perché possiamo dare tanto loro e loro possono dare tanto a noi, dobbiamo prepararli ad affrontare il futuro e a parlare la stessa lingua.
Sto cercando di creare un modello di comunicazione per le aziende, perché all’interno ci sono i genitori e gli educatori dei ragazzi e per le scuole, perché se non comunichiamo allo stesso modo non andremo da nessuna parte. Parlo e mi occupo di parità ma dobbiamo partire da questo a realizzare incontri tra giovani e adulti per ascoltarci e comprenderci.
Altro aspetto che mi ha colpito particolarmente, e qui torna i miei studi e al mio impegno che sto portando avanti per andare verso la parità, è quello degli stereotipi che sono presenti e forti ancora oggi tra i giovani. La scena in cui Andrea abbraccia Christian perché hanno vinto la gara è bellissima, segno di gioia, di felicità, ma quando un ragazzo li guarda in modo disgustato e Christian se ne accorge tanto da distaccarsi, vuol dire che ancora oggi tra i giovani, nonostante siamo nel 2024, c’è omofobia.
Non è vero che siamo emancipati; tra loro c’era un momento di gioia e l’affetto dimostrato con un abbraccio non è solo appannaggio delle ragazze ma anche i ragazzi possono e devono farlo, anzi è simbolo di apertura mentale. Poi se anche tra di loro ci fosse stato un sentimento quale sarebbe stato il problema? Nessuno, invece non è così perché proprio Christian per dimostrare agli altri che era Andrea quello eventualmente effemminato e non lui, lo ridicolizza non immaginando le conseguenze tragiche di quel gesto.
Quindi parliamo, di tutto, di sesso, di orientamenti sessuali, di identità, di sentimenti, di amicizia, del fatto che uomini e donne sono pari. E io voglio andare avanti per le mie figlie, per Andrea che ha sacrificato la sua vita e per tutti i giovani e le giovani di oggi che saranno la società di domani.












0 commenti