Quando bisogna dire NO a un bambino: la mia esperienza da mamma

Nov 13, 2020 | Più letti, Storie di famiglia, Ultime novità | 0 commenti

Quando bisogna dire NO a un bambino: la mia esperienza da mamma

Scritto da Elisabetta Pieragostini

13 Novembre 2020

Quando si diventa genitori, tra le varie cose che si provano, c’è una certezza: si faranno esperienze sconvolgenti. Non parlo solo di scoprire la quantità di cacca che può produrre un neonato, che oggettivamente ha dell’incredibile, ma di tutta una serie di cose con cui bisogna imparare a convivere.

Oggi vorrei confrontarmi con voi su uno degli aspetti della genitorialità che penso essere sicuramente tra i più tosti con cui fare i conti: imparare a dire di NO a un bambino e riconoscere il momento in cui è assolutamente necessario.

Voi avete mai detto NO ai vostri figli? Quando? È giusto farlo?

Vasco Rossi cantava C’è chi dice no… ma quando è necessario radunare tutte le proprie forze interiori per imparare a farlo?

La mia esperienza di mamma si potrebbe riassumere così: non sono la signora dei NO.

Aspettate un momento… Non sono una pazza scriteriata come starete pensando esattamente in questo momento. Diciamo che GROSSO MODO e IN LINEA DI MASSIMA lascio fare alle mie figlie ciò che vogliono in libertà, oddio fatemi andare a vedere se devo chiamare i pompieri, forse sta prendendo fuoco casa, aiutoooooo.

Cosa vuol dire GROSSO MODO e IN LINEA DI MASSIMA?

Penso di essere una mamma sana e, almeno per ora, vi posso assicurare che le mie figlie rispettano le “regoline positive” come le chiamo io, ovvero tutte quelle buone norme che riguardano il rispetto nei confronti degli altri, degli oggetti e dell’ambiente.

Non ho inventato io queste regole, ovviamente. Sono quelle della mia guida ispiratrice da sempre, e di chi ha studiato come me pedagogia, Maria Montessori, la mia maestra di vita.

(Aiuto, aiuto, scrive favole ed è una montessoriana praticante, sgomberate tutto prima che i bambini distruggano ogni cosa perché devono essere liberi di esprimere.)

Non è proprio così.

È vero, vivo un po’ nel mondo delle favole che scrivo, ma quelle che scrivo sono cose reali alle quali corrispondono delle azioni semplici da eseguire e seguire. Credo che con questo approccio all’esperienza concreta si possano educare in modo sano e indipendente tutti i bambini, senza scomodare nessuna fata turchina e nessun Mago Zurlì. O almeno è quello che cerco di fare con le mie figlie.

Analizziamo la questione.

I bambini sanno accettare i NO?

I bambini sono molto più elastici e flessibili di noi adulti, che viviamo già in un setting mentale codificato e radicato da tutta la vita. Ovviamente ogni bambino può accogliere i NO in maniera serena se noi siamo bravi educatori e se ci mettiamo anche un po’ nei loro panni trovando la giusta chiave di comunicazione.

Dobbiamo porre loro dei limiti necessari per la loro crescita, questo è chiaro, mostrandoci come guide sicure trasmettendo loro un senso di tranquillità. Penso che si tratti di imparare un registro comunicativo che sia chiaro, condiviso dall’altro genitore che non deve confonderli con un approccio totalmente diverso e che trasmetta loro serenità.

Terrorizzare i nostri figli fa solo danni, ma devono comunque imparare che nella vita esistono dei paletti.

I bambini comprendono molto bene, siamo noi adulti a preoccuparci troppo.

Il mio consiglio, derivante anche dall’esperienza che ho avuto nella direzione di una scuola, è trasmettere gli insegnamenti con calma e fermezza.

I bambini devono essere guidati all’indipendenza, devono essere liberi di sbagliare, capire e affrontare le loro paure al fine di raggiungere traguardi.

Dobbiamo dare ai nostri figli tanta fiducia ma osservarli sempre con attenzione. Non forziamoli nelle scelte ma indirizziamoli rafforzando i loro pregi e i loro talenti.

I NO non sono tutti uguali. Esistono NO diversi in ogni fase della crescita. Della nostra come genitori e della loro come bambini.

I primi NO sono difficili perché generalmente impongono un divieto a quel frugoletto così carino che ci guarda con gli occhioni dolci. Bisogna imparare a vietargli di buttarsi dal divano, di correre distruggendo tutto. Quel frugoletto poi cresce e il NO di divieto diventa un NO che gli insegna il senso del limite, è il no della prima indipendenza. Si ribellerà al divieto perché sta acquisendo indipendenza e personalità ma sa che i genitori hanno posto un limite. Quello stesso limite che, sulla strada verso l’adolescenza, diventerà una regola di convivenza tra genitori e figli.

(“Ahhhh, brava, facile parlare così. Voglio vedere come arrivi a sera con due figlie sulla soglia della preadolescenza.”)

Quando si impara a essere genitori e quando lo si diventa davvero?

Non lo so, proporrei un bel corso collettivo per noi genitori. Io mi scrivo subito.

La verità è che si va spesso a tentativi e che, molte volte, dietro ogni nostra decisione c’è lo scontro o l’incontro col nostro vissuto personale di figli e con la figura che abbiamo dei nostri genitori spalmata davanti agli occhi.

Personalmente posso dire che con le mie ragazze, vivendo in un ambiente sereno e pieno d’amore – tranne quando di notte mi trasformo in lupo mannaro con la luna piena, ma questa è un’altra storia – non ho bisogno di dire troppi NO. Capiscono le cose giuste e quelle sbagliate, sono libere di sbagliare ma sono anche consapevoli di non rifare più certe cose.

Sono fortunata, è vero. Me lo ripeto ogni giorno e ogni giorno spero anche che l’arrivo dell’adolescenza non me le trasformi in creature a tre teste.

Forse si diventa genitori quando si dicono i primi NO, perché sono quelli con cui iniziamo a prendere confidenza con i nostri limiti di genitori che vorrebbero proteggere i figli da tutto. Ma sono anche quelli con cui impariamo a riconoscere i nostri figli come esseri pensanti, autonomi e indipendenti.

Dire di NO a un bambino è importante perché gli insegna che la vita è fatta di limiti e anche di divieti, di scelte pericolose e di situazioni che potrebbero metterlo a rischio.

Ma alla fine di tutto questo mio ragionamento che, come sempre, è un racconto personale, vorrei che riflettessimo anche sull’importanza di un’altra questione: non dobbiamo dire di NO ai nostri figli convincendoli che quel NO renderà felici noi genitori. Questo sarebbe ricattarli psicologicamente chiudendoli nella trappola di un amore poco sano.

I nostri bambini, futuri uomini e donne, che diventeranno presidenti, falegnami, che costruiranno ponti e grattacieli, che insegneranno alle future generazioni, che cucineranno con creatività e che scopriranno farmaci e cure, è giusto che siano consapevoli che quei NO non devono rendere felici noi genitori ma che servono ad aiutarli a comprendere che il mondo è fatto di cose belle ma anche di cose meno belle e pericolose.

Proviamo insieme a non cadere nel tranello del “Non devi farlo altrimenti mamma/papà si dispiace”?

Noi non diamo alla luce figli perché rendano felici noi. Noi mettiamo al mondo figli perché portino luce e siano uomini felici con cui sarà bello condividere la nostra vita.

Cosa ne pensate?

Se siete riusciti a leggermi fin qui… vi voglio bene e vi ringrazio.

Alla prossima!

 

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