Un caffè con Lisa Conti: fotografie di maternità
Scritto da Elisabetta Pieragostini
L’autunno forse è arrivato e se fino allo scorso appuntamento sarebbe stato meglio un cocktail, oggi possiamo bere il nostro caffè caldo con la nostra ospite. Per questo nuovo appuntamento vi presento una professionista che mi ha fatto letteralmente sognare e forse anche tornare voglia di maternità… No, scherzo.
Lei è Lisa Conti, fotografa di maternità, gravidanza e famiglia. Uno sguardo delicato ed elegante, un concetto mai banale, un ricordo che va oltre l’emozione del momento e diventa eterno.
Grazie per essere qui Lisa e benvenuta. Partiamo subito con una domanda di rito: perché Fotodisapone? Come mai l’hai scelto?
L’ho scelto perché non capivo niente di marketing e naming: ho fatto da sola e ho fatto male. Di base: pensavo a qualcosa di pulito, semplice, leggero, profumato e legato all’infanzia, come le bolle di sapone.
Come mai hai scelto di fotografare gravidanze, famiglie, bambini? Come nasce questa scelta?
Ho iniziato a fotografare teatro e danza, un settore molto povero per pensare di poterci vivere.
A un certo un punto nel 2013 ho incontrato una ballerina, “la mia Gioia”, incinta, con la quale ho iniziato a sperimentare e sperimentarmi: ho capito che mi piaceva, che mi piaceva spogliare i corpi in trasformazione e spogliare le mie fotografie, eliminando fronzoli per lasciare solo l’essenziale.
La scelta nasce da un bisogno sociale: materializzo ricordi. E soprattutto li consegno STAMPATI!
Oggi tutti scattano fotografie con il loro smartphone, come è cambiato il tuo lavoro?
In meglio: quanto più si scatta quanto più si capisce che è difficile concretizzare un’idea con la fotografia. Per questo esistono i fotografi, per questo esistono soprattutto i fotografi specializzati. Un fotografo che fotografa tutto, non fotografa niente (un po’ come uno smartphone).
Ho letto che come me sei una convinta sostenitrice della formazione e che la pratichi costantemente. Come scegli i tuoi percorsi formativi?
Cerco di approfondire vari campi e dedicarmi a una formazione laterale: non sono interessata a seguire il corso del fotografo di gravidanza o newborn più conosciuto, non mi interessa. Ma non perché non abbia nulla da imparare, anzi, solo non mi interessa una visione “prevedibile”: preferisco piuttosto frequentare un corso di storytelling che mi aiuti a raccontare, prediligo un workshop con un ritrattista cupo che mi aiuti a sviluppare la creatività e guardare il mondo da un altro punto di vista.
Detesto le standardizzazioni.
Per concludere ti farò delle domande a raffica che prevedono risposte immediate. Pronta? Partiamo subito!
- La tua fotografia preferita: il culetto nudo di un bimbo girato, che non si vede in viso;
- La città che ami: Milano perché ci vivo, Berlino perché fermenta, New York perché non ci sono ancora stata [risposta una-e-trina];
- Che donna sei: ritratto di donna con cane;
- Il tuo fotografo preferito: Annie Leibovitz;
- Un progetto per il futuro: ce l’ho quasi pronto: una visione di maternità intima, non ancora vista [forse perché è una boiata, ma di sicuro è un progetto che sento mio];
- Un consiglio a noi per fare foto belle: “bella” è un aggettivo che mi fa rabbrividire: una foto deve raccontare, soprattutto deve servire a qualcuno o qualcosa per avere un valore. Se serve a tante tante persone, se porta bellezza sopra l’interesse e il tornaconto individuale, allora aumenta il suo valore, fino ad arrivare a essere considerata “arte”;
- Un grazie a…: chi mi su(O)pporta, e poi a me, che resisto.
Scritto da Elisabetta Pieragostini
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