Didattica a distanza: il ritorno di un incubo

Apr 13, 2021 | In primo piano, Storie di famiglia, Ultime novità | 0 commenti

Didattica a distanza: il ritorno di un incubo

Scritto da Elisabetta Pieragostini

13 Aprile 2021

Mio zio cantava “Rose rosse per te”, oggi l’Italia canta zone rosse per te, ma abbiamo anche l’arancione e il giallo, e soprattutto l’incubo della didattica a distanza, mostro comunemente noto come DAD.

Dopo un anno di Covid le cose oggi non sono cambiate tantissimo, si sono alternati periodi più o meno difficili; dopo mesi di didattica a distanza e incubi per noi genitori in primis, per insegnanti e ragazzi poi, tra l’altalena delle zone rosse e arancioni ancora ci ritroviamo con la DAD.

La mia esperienza come mamma ne ha viste un po’ tutte: Matilde, che frequenta la prima media, ha dovuto ascoltare molte più lezioni da casa di Viola, che è in quarta elementare e per fortuna ha potuto usufruire maggiormente del privilegio di andare a scuola, incontrare i suoi amici e gli insegnanti e apprendere sicuramente di più rispetto a quanto accaduto con la didattica a distanza.

Privilegio, sì, ho usato volutamente questa parola.

L’avvento della didattica a distanza nel lockdown di marzo 2020

 

Quando l’anno scorso l’Italia si è fermata con il tristemente noto lockdown, i bambini e i ragazzi, come noi adulti del resto, hanno dovuto cambiare improvvisamente la loro vita. Non si poteva più andare a scuola. Così, da un giorno all’altro. Si era fermato tutto il mondo per una pandemia che ha causato e sta causando ancora grandissimi problemi.

Tutti abbiamo smesso di uscire, andare a cena fuori, trascorrere il weekend un po’ dove ci pareva, andare dal parrucchiere o a comprare un vestito. Tutti chiusi in casa per non diffondere il contagio. Chiusi in casa a fare pizze e a mangiare penne rigate, a quanto pare. Online non si è trovata una cyclette per mesi, dicono. Forse i sensi di colpa.

Vabbè, torniamo alla didattica a distanza.

Se i genitori e gli insegnanti hanno dovuto “imparare” a prendere dimestichezza con il computer, i ragazzi e i bambini, che sono nati digitali, spesso hanno insegnato a tutti come fare. Matilde e Viola sono riuscite immediatamente a fare i collegamenti da sole e di questo andavano fiere perché si sentivano responsabili, io dico anche un po’ fighe in mezzo alla famiglia di dinosauri. Questo è stato un elemento positivo per i ragazzi, li ha responsabilizzati e ha fatto utilizzare loro lo strumento che più adorano in modo diverso rispetto ai video su YouTube: per imparare. Ovviamente sto cercando di fare opera di auto convincimento nel tentativo di cercare il lato positivo di questa nuova esperienza di didattica a distanza. Gli insegnanti hanno modificato il loro modo di insegnare e sono diventati più smart – si dice così, no? – e i bambini non dimenticheranno facilmente questa nuova scuola, questa nuova forma di apprendimento.

Le difficoltà pratiche e gli intoppi della didattica a distanza

 

Volendo fare un riassunto semiserio degli incidenti di percorso della didattica a distanza, potrei racchiudere tutto in questa lista:

  • Connessioni perse;
  • Genitori che hanno dovuto fare training autogeno per ricordarsi come si fanno le divisioni;
  • Pigiami volanti;
  • Colazioni davanti al pc;
  • Interpretazione del labiale degli insegnanti;
  • Crisi isteriche sparse in tutta la famiglia;
  • Compiti non pervenuti;
  • Etc etc.

Per quanto mi riguarda, fortuna che Viola aveva ben capito come doveva fare le divisioni perché questo metodo diverso mi aveva mandato in tilt il cervello e ho già in programma due o tre mesi da sola in Thailandia. Mi sono dovuta rimettere a studiare un po’ di tutto. Posso dirlo? Che palle, ragazzi. Esaurita che se avessi avuto i capelli mossi sembrerei Mafalda oggi, anche se ci sono andata molto vicina lo stesso.

Nonostante tutto però sono sempre stata lì a sostenerle, ad aiutarle e a farle apprendere come se stessero a scuola, per quello che potevo. Ho cercato di far vivere loro questo periodo serenamente, vivendo il lato positivo, il tempo trascorso insieme, il confronto, cose per cui in genere noi genitori facciamo i salti mortali perché dobbiamo lavorare. Diciamo che non tutti i mali vengono per nuocere, almeno in questo caso.

C’è una cosa però che davvero mi spaventa e mi stordisce: spesso questi bambini e questi ragazzi sono alienati.

Manca il contatto diretto col mondo esterno

 

La didattica a distanza ha tolto il contatto fisico con gli insegnanti e tra ragazzi stessi, quest’aspetto è fondamentale, i rapporti umani, la vicinanza fatta di momenti belli e brutti, di pianti e risate insieme, di confronto diretto. Questo non ha prezzo, lo stare insieme a imparare è impagabile, le relazioni interpersonali sono fondamentali nella nostra vita.

Certo, è inutile lamentarsi e dire sì o no alla DAD, fare battaglie e urlare, tutto ciò non porterà a niente, perché nessuno lo vorrebbe, ma siamo davvero in una situazione paradossale e di emergenza, quindi dobbiamo essere delle guide per i nostri figli e affrontare le situazioni con amore e serenità.

Sicuramente posso dire però che il sistema scuola ha mostrato tutte le sue falle, come quello della Sanità, del resto. Oggi trovo forse assurdo che ancora si sia in questa situazione scolastica. E la mia perplessità maggiore è che stiamo assistendo al fallimento della politica. Dov’è la politica in tutto questo? Cosa sta facendo per questi ragazzi che dovranno essere le guide del futuro? Cosa gli sta offrendo?

Se per i primi mesi di emergenza la didattica a distanza era, appunto, una soluzione d’emergenza, oggi non lo è più. A più di un anno dall’esplosione della pandemia ministri e colleghi tutti avrebbero dovuto studiare metodi e strategie per evitare ai nostri giovani di alienarsi. Abbiamo avuto come risposta cosa? I banchi a rotelle che nemmeno sono serviti.

Cosa possiamo fare per i nostri figli

 

Non esiste la risposta giusta, come d’altra parte non esiste la risposta giusta in nulla che riguardi la crescita di questi ragazzi.

Mi arrabbio quando sento dire che i genitori vogliono che i figli tornino a scuola perché così sanno dove parcheggiarli. E sapete perché divento furiosa? Perché io le vedo le mie figlie a cui manca il confronto con i loro amici, le ho viste perdere pezzi di socialità, perdere pezzi di vita. Certo, non hanno vissuto le bombe e hanno sempre avuto ogni mezzo e ogni attenzione a casa, ma noi famiglie non possiamo in alcun modo fare la parte degli amici, degli insegnanti, degli educatori e di ogni altra figura che li aiuta a mettere insieme i tasselli della loro futura maturità.

La retorica della guerra legata al Covid ha un po’ rotto le scatole. È una situazione grave, sì, dobbiamo evitare la diffusione del contagio, ma dobbiamo anche fare in modo che la salute mentale di tutti possa essere sul podio di queste attenzioni generali e istituzionali.

Cosa succede nelle famiglie nelle quali i genitori non possono essere presenti perché devono lavorare tutto il giorno? Nelle famiglie che non hanno mezzi a disposizione, e ce ne sono tante? Nelle famiglie che non hanno il supporto di nonni, zii e cugini più grandi? La didattica a distanza è solo la punta di un iceberg gigantesco che è quello del sistema di tutela della famiglia, che dovrebbe essere al primo posto in quanto futuro della società.

Io posso solo dirvi di stare, se possibile, ancora più vicino ai vostri figli. Lo so che siamo tutti stanchi e ormai sfiniti, che a volte non li sopportiamo nemmeno più e che anche loro sicuramente avranno le scatole piene di vedere praticamente solo noi. Ma ci è stato affidato questo compito: essere luce.

Essere luce in mezzo alle incertezze politiche, alla mancanza di tutele, allo sgretolamento della società. Dobbiamo fare in modo che non si stanchino di imparare, che non perdano la fiducia nell’umanità e che credano ancora che un mondo migliore sia possibile. E lo costruiranno loro, anche memori di questa esperienza drammatica.

Non lesiniamo in coccole, siamo generosi di abbracci ma rispettiamo anche i loro silenzi se necessario.

Siamo tutti stanchi, ma finirà. Speriamo presto.

 

 

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