Il mio rapporto con la spiritualità
Scritto da Elisabetta Pieragostini
Il mio curriculum vitae spirituale non è così ricco. Ho imparato ad amare attraverso la fede, questo posso dirlo, sono convinta che Dio c’è ed è sempre con me, lo sento e so che realmente esiste.
Poi c’è chi ha una spiritualità forte e vive tutta la vita coltivando la sua fede.
Io sono attratta dalla fede ma allo stesso tempo ne sono respinta, anche perché la Chiesa è l’istituzione della fede ed io poco ci credo, la confessione e l’assoluzione la faccio a tu per tu con il mio Dio e non con un uomo chiamato prete che ha le mie stesse debolezze e fragilità, da cosa mi assolve se ha peccato anche lui?
Dio sa perfettamente gli errori che ho commesso e che commetto, a me basta pregarlo e rivolgermi a Lui per avere la sua benedizione e non quella di una persona comune che ha solo un titolo.
La mia “spiritualità” da bambina
Fin da piccola facevo le mie preghierine, andavo alla messa la domenica, ci credevo davvero tanto. Poi crescendo ho incontrato un prete che mi ha fatto ricredere perché predicava il giusto ma sapevo che aveva commesso peccato e questo ha iniziato a darmi fastidio. Da lì ho frequentato meno la Chiesa ma non mi sono dimenticata di Dio perché con lui ho instaurato un rapporto intimo, si trova dentro di me.
So bene che Dio ci ha donato il libero arbitrio e ognuno di noi può scegliere liberamente, può rimediare agli errori e questo mi ha dato la forza di andare avanti.
Ho gestito per anni una scuola dell’infanzia paritaria, ho avuto a che fare con delle suore e come tutti gli esseri umani ci sono le brave e quelle meno. Ho cercato di trasmettere il senso di fede a quei bambini, anche alle mie figlie attraverso la preghiera. Pur non essendo una fervente praticamente per me è importante ricevere l’Eucarestia e il corpo di Cristo, forse per essere più in sintonia con Lui, come un filo diretto di comunicazione.
Ho sempre pensato che Dio è sovrano e sa bene cosa facciamo qui nella terra, quindi ogni volta che aiuto gli altri, che mi adopero per essere solidale so che Lui lo vede e prima o poi se lo ricorderà.
In certi periodi mi rendo conto di rivolgermi al mio amico al momento del bisogno e questo non è giusto. Ma a oltre quarant’anni vedo Dio come un rifugio, un amico con cui mi posso confidare, che mi dà consigli, colui che non mi giudica, che mi manda dei segnali quando tendo a imboccare la strada sbagliata.
Spiritualità, Dio e le mie figlie
Il mio è un rapporto intimo, personale e a volte mi dico che l’errore che probabilmente sto commettendo è quello di non trasmettere ciò che sento sulla spiritualità alle mie figlie, che invece hanno con Lui un rapporto occasionale. Le voglio lasciare libere di scoprirlo e di instaurare il rapporto che desiderano, però devo dar loro gli strumenti giusti per farlo.
Credo nell’Aldilà, ho fede in questo anche se ho paura, una fottuta paura in questo momento.
L’esistenza di Dio per me è indispensabile, perché alimenta la mia anima e sento di poter essere attraverso questo rapporto più onesta, giusta, sana di principi e di valori. Ma questo possono esserlo tutti, anche quelli che non credono.
Ho bisogno di intermediari?
Al momento non sento il bisogno di intermediari nel rapporto tra me e Dio, anche se così siamo stati abituati, anche se questo ci hanno fatto credere.
Quando parlo di uomini e donne del clero credo che queste persone dovrebbero avere una famiglia, essere come noi, inoltre dovrebbero avere dei ruoli pari a quegli degli uomini anche le donne, come sempre poco considerate. Ma questo è un mio pensiero che va al di là della mia fede e della mia spiritualità.
Alla fine di questa mia piccola riflessione posso giungere alla conclusione che Dio è il mio amico speciale che mi ascolta e a cui posso raccontare ogni cosa.
Io mi fido solo di Lui.
Chi condivide con me questa riflessione?
Vi auguro pace interiore ed equilibrio, qualsiasi siano la vostra fede e la vostra spiritualità.
Scritto da Elisabetta Pieragostini
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