Occupazione femminile: la discriminazione della donna sul lavoro

Mar 10, 2021 | In primo piano, Ultime novità, Un po' di me | 0 commenti

Occupazione femminile: la discriminazione della donna sul lavoro

Scritto da Elisabetta Pieragostini

10 Marzo 2021

Ci siamo appena lasciati alle spalle la Giornata Internazionale della Donna ma parlare di diritti, parità di genere e discriminazioni, soprattutto sul lavoro, è un impegno al quale assolvere ogni giorno perché le disuguaglianze sono ancora troppe. Perché? Partiamo dal tasso di occupazione femminile, che è di 18 punti percentuali più basso di quello degli uomini, il lavoro part time riguarda il 73,2% delle donne ed è involontario nel 60,4 % dei casi. Lo stipendio guadagnato dalle donne è in media inferiore del 25% rispetto agli uomini. Per avere lo stesso stipendio le donne devono lavorare 59 giorni in più secondo gli studi condotti, esclusi i lavori domestici che, come sappiamo, non sono retribuiti e tantomeno riconosciuti come tali ma gravano maggiormente e storicamente sulle donne.

Combattere le disuguaglianze relative all’occupazione femminile

 

Sorge spontaneo chiedersi come si combattono le discriminazioni di genere e le disuguaglianze in azienda.

Proviamo a fare un passo avanti e partiamo dalle soluzioni. Ci sono soluzioni? Possiamo trovarle? Sì, se c’è un problema, ci sono anche soluzioni. Basta volerle cercare.

 Il gender gap retributivo è uno dei problemi maggiori legati all’occupazione femminile. La soluzione a questo problema va rintracciata soprattutto in un cambiamento di mentalità: si inizi a dare lo stesso valore, lo stesso inquadramento e lo stesso compenso sulla base della mansione svolta e non sul sesso del dipendente. Dare le stesse regole e le stesse opportunità, non considerare la maternità come un capriccio o un vizio, chiediamoci perché a un uomo, in fase di selezione, non viene chiesto se ha figli ma a una donna si e se addirittura intende averne in futuro.

Favorire lo sviluppo di competenze e responsabilità

 

Combattere le disuguaglianze legate all’occupazione femminile significa anche favorire lo sviluppo di competenze e responsabilità in maniera equa, che si tratti di dipendenti o dirigenti donne o uomini.

La stessa Agenda 2030 pone tra gli obiettivi principali il rispetto della parità di genere eliminando una volta per tutte le differenze sessiste.

La mia esperienza aziendale

 

Sono un’imprenditrice, donna, madre. Lavoro in un settore prettamente maschile, produciamo fondi per calzature.

La nostra azienda oggi è seguita dalla seconda generazione formata da quattro figlie femmine.

I dipendenti a oggi sono in maggioranza uomini, questo perché abbiamo mantenuto l’organico ereditato ma abbiamo scelto una strada da seguire che fosse incentrata sul merito e non sull’appartenenza al sesso. Abbiamo assunto donne sia in area amministrativa che produttiva ponendo come uniche condizioni salariali il livello, le competenze e le responsabilità.

Abbiamo avuto la gioia di veder nascere bambini e nessuna nostra dipendente ha perso il posto di lavoro.

Sono convinta che siamo noi aziende private a dover essere piccole schegge di promozione e cambiamento. Non sarà sempre facile perché non abbiamo sempre dalla nostra parte leggi eque e sostenibili, ma possiamo fare tanto affinché l’occupazione femminile non sia più un momento buio della nostra storia.

Non aspettiamo che le leggi piovano dall’alto, facciamo, innoviamo, siamo giusti.

Violenza lavorativa sulle donne e discriminazioni di genere

 

La violenza sulle donne non è solo lo stupro.

Ogni giorno sono tantissime le donne sottoposte a discriminazioni di genere e violenze sul lavoro.

Di cosa parlo?

  • Disparità retributiva;
  • Maternità non riconosciuta;
  • Mobbing;
  • Inquadramento inferiore;
  • Lettere di dimissioni in bianco con richiesta di firma pegno la non assunzione;
  • Sfruttamento delle competenze senza giusta retribuzione;
  • Titoli di studio non riconosciuti verbalmente.

Potrei continuare ancora, ne ho viste tante negli anni. Vogliamo parlare degli uomini alla dirigenza che ti chiamano per nome invece che dottoressa? Vogliamo parlare di chi pensa che sia sempre la donna la segretaria? Vogliamo parlare della confidenza verbale, o magari gestuale, che ci si prende con una donna ma non con un uomo? Le battute sulla cura personale o della casa? Le insinuazioni sugli ormoni e sul ciclo se rispondiamo in maniera appena più assertiva?

Sono violenze. Violenze costanti e pungenti. Violenze che feriscono e ci umiliano in quanto esseri umani e non come masse di DNA portatrici di vagine.

Libertà è indipendenza, anche economica

 

Parlare di occupazione femminile vuol dire parlare anche di indipendenza economica.

Anche in questo caso le statistiche parlano chiaro e, purtroppo, in maniera decisamente triste. Sono ancora molte le donne che non sono indipendenti economicamente.

La dipendenza finanziaria è un problema che incide su molti aspetti della vita e che spesso costringe molte donne a vite che non sentono più proprie, nel migliore dei casi. Nei peggiori, anche a subire ogni sorta di violenza all’interno della famiglia.

Dipendere economicamente vuol dire non avere capacità decisionale sulla propria vita. Vuol dire non avere la libertà di decidere se andare o restare. Essere dipendenti economicamente vuol dire perdere la propria autodeterminazione.

È per questo che prima ancora di decidere di sposarci o convivere dovremmo essere certe di poter essere indipendenti.

Certo, può succedere a entrambi i partner di perdere il lavoro, ma è proprio per questo che entrambi i partner devono poter essere indipendenti così da sostenersi a vicenda, come si dovrebbe fare auspicabilmente in ogni famiglia dove vigono amore e rispetto.

Che non succeda più che un uomo chieda alla donna di rinunciare al proprio lavoro per prendersi cura della casa. Che lo facciano loro se ritengono sia necessaria una presenza fissa a spazzare e a rifare i letti.

Nonostante la mia sia l’azienda di famiglia sono partita facendo la mia bella gavetta ed è stato importante. Non bisogna aver paura di lavorare, di mettersi alla prova, di sperimentare e di fare delle prove.

Oggi sono una dirigente serena e appagata, felice del clima lavorativo, soddisfatta dei risultati e orgogliosa soprattutto di un’azienda che al suo interno ha introdotto un codice etico dove vengono rispettati:

  • Genere;
  • Cura della persona;
  • Sicurezza sul lavoro;
  • Tempi di recupero e ristoro.

Abbiamo inserito la presenza di una coach life che ci aiuta a dipanare piccoli grovigli interiori consentendoci di lavorare meglio e siamo certi che la nostra attenzione ai rapporti umani sia uno dei nostri punti di forza.

Ho voluto scrivere questo post non solo da imprenditrice, da donna, ma anche da mamma di due figlie femmine perché il futuro è nelle loro mani e vorrei che crescessero libere e indipendenti.

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